May 15, 2020
Articles

A Room with a View over Venice [uno sguardo su Venezia]

"A Room with a View" is a new editorial initiative which aims to illuminate the positive and creative potential of time spent in isolation. The eleventh contribution comes from Italian artist Giorgio Andreotta Calò
Words by Giorgio Andreotta Calò

Read the Italian version below

 

Venice, April 25, 2020

 

Dear Teresa*

I must say, in all honesty, that I regret having promised you that I would write something….
Something else in addition to all that has already been written and said over these last few exceptional months.

There are plenty of questions we need to ask ourselves and interrogation is necessary. There are few certainties … yet those that will suffice. My room overlooks a deserted Venice, constantly being surveilled from above by an annoying helicopter. Today, that we are celebrating Italy’s Liberation Day and The Feast of Saint Mark (Venice’s patron saint). And so we find ourselves in the most successful dystopia imaginable for this city, yet today, Venice finds itself caught in a new and unprecedented paradox.

Having freed itself from tourists, Venice has become a prison for its inhabitants.

Some may rejoice in this freedom, the city no longer invaded by a mass of sleepwalkers who amble through the ‘calli’ of Venice like flocks of sheep.

Worse still, if the worst could ever be imagined, its inhabitants are now enclosed by their domestic fences, observing Venice from their windows. Once again, to make matters worse, without being able to finally live and enjoy it as citizens in its functions as a city and not as a museum or playground.

On the other hand, it was not a political or civil action that freed (and consequently imprisoned) Venice (or maybe it was, some may argue), a freedom that many of us have evoked in vain during these recent years of decline, instead it has taken a microscopic virus, that apparently is the only entity allowed to move around the city today, undisturbed without the need for self-certification or proven reasons. Little or nothing is known about it (or perhaps everything is known, as we may have reason to doubt).

It is not since the times of the plague, that Venice has depopulated so inexorably over the last thirty years and this increase in depopulation is certainly not due to the deaths caused by the virus (or presumed as such).

But if we legitimise the implementation of these extraordinary measures, of activating a state of emergency, we must ask ourselves why, almost nothing has been done in the face of mass tourism, unstoppable depopulation, cultural decline, cruise ships, right up unto the exceptionally high tide of last November.

There are emergencies, and of this I am certain, which one avoids dealing with as such and others that have served to legitimise governmental practice.

Let’s not kid ourselves that we will have learnt something from this unprecedented vision of Venice. Today more than ever a bulwark of beauty and hope in the empty rhetoric of the videos circulating the web.

Let’s not deceive ourselves that we will hold close to heart Venice’s ”liberation” and its momentary regained breath. We could have and still can rethink about the sustainable management of its future, its existence as a city and not only as a museum, or worse, as cultural pasture.

But does the political and civil will to do so really exist? ..

As we said on the phone, see you when this is all over…

 

Letter from Giorgio Andreotta Calò

 

**an email from the artist to Lightbox team member Teresa Sartore, an old friend and fellow Venetian

Courtesy of Giorgio Andreotta Calò

Venezia, 25 Aprile 2020

 

Cara Teresa,
devo dirti, in tutta onestà, che già mi son pentito di averti promesso di scrivere qualcosa…
Qualcos’ altro in aggiunta a tutto quello che si è già scritto e detto in questi ultimi mesi così eccezionali.

Sono molti, moltissimi gli interrogativi, ed è necessario porseli. Poche, pochissime le certezze… Quelle che bastano d’altronde.

La mia stanza guarda oggi su una Venezia deserta, sorvolata costantemente da un fastidioso elicottero. Oggi che si celebra la Liberazione ed anche San Marco.
E così nella più riuscita distopia che si potesse immaginare per questa città, oggi, Venezia, vive un nuovo ed inedito paradosso.
Liberata dai turisti si è fatta prigione per i suoi abitanti.
Alcuni, potrebbero gioire nel ritrovarla libera, non più invasa da una massa di sonnambuli che si muove per le calli come gregge al pascolo.
Peggio ancora, se mai si potesse immaginare il peggio, i suoi abitanti sono ora ingabbiati nei recinti domestici, a osservarla da una finestra. Ancora una volta, come se non bastasse, senza poterla vivere come cittadini. Nelle sue funzioni di città appunto e finalmente,.. e non di museo/parcogiochi.

D’ altronde a “liberarla” ( e recluderci ), non è stata quell’ azione politica e civile ( o forse sì,.. avrà ragione di dubitare qualcuno ) che molti di noi hanno invano evocato in questi anni di declino, ma un piccolo, microscopico virus che a quanto pare è l’unico a poter girare indisturbato per la città senza bisogno di autocertificazione o comprovati motivi. Di lui si sa poco o nulla ( o forse si sà tutto come avrebbe ragione di dubitare qualcuno).

Era dai tempi della peste che Venezia non si spopolava come successo inesorabilmente negli ultimi trent’ anni. Non è stato certo per le morti causate dal virus ( o presunte tali ) che questo spopolamento è aumentato.

Ma se legittimiamo per costituzione o meno, l’ attuazione di queste misure straordinarie, attivando una politica d’ emergenza, uno stato d’ eccezione, c’è da domandarsi perchè, nulla o quasi è stato fatto, di fronte a quell’ invasione di massa, allo spopolamento inarrestabile, al declino culturale, alle grandi navi da crociera, fino all’ ultima marea altrettanto eccezionale.

Ci sono emergenze, e questo è per me una certezza, che si evita di affrontare come tali ed altre che sono servite a legittimare una prassi di governo.

Nessuno s’ illuda che avremo imparato qualcosa da questa visione inedita di Venezia. Oggi più che mai baluardo di bellezza e speranza nella vuota retorica dei filmati che circolano in rete.

Nessuno s’illuda che avremo a cuore la sua “liberazione”, il suo momentaneo ritrovato respiro.
Si poteva e si può ancora ripensarne la futura gestione sostenibile, l’ esistenza anche come città e non solo come museo, o peggio, come pascolo culturale.
Ma c’è davvero volontà politica e civile nel farlo?..

Ci siamo detti al telefono, ci vediamo quando tutto passa…

 

Una lettera di Giorgio Andreottà Calò

 

**una email dall’artista a Teresa Sartore, collaboratrice di Lightbox e sua cara amica veneziana

Keep up to date with My Art Guides
Sign up to our newsletter and stay in the know with all worldwide contemporary art events